19 gennaio 2012

Led...


Non dovete perdervi questa doppia recensione davvero originale dei libri "La grande rapina ai Led Zeppelin" di Jason Buhrmester e "The getaway man. L’uomo della fuga" di Andrew Vachss, preparata per noi dallo scrittore Daniele Borghi. Lo scrittore ha analizzato i due romanzi appena editi da Fanucci nel 2010 e ha scoperto che la loro lettura vale molto più che un "corso di scrittura creativa"... Passa il mouse sulla copertina del libro per scoprire anche l’altra!

Soltanto facendo cadere lo sguardo sui titoli di questi due romanzi viene voglia di prenderseli e cercare il tempo per goderseli senza fretta. Leggere "Led Zeppelin" provoca immediatamente un brivido a tutti i rockettari del mondo e la parola "Getaway" fa correre la mente verso il granitico film di Sam Peckimpah con Steve McQuinn e Ali Mc Graw. E passare da Peckimpah al “Mucchio Selvaggio” per tornare verso i Led Zeppelin è fin troppo facile. Insomma, è già un bel giro di giostra soltanto leggere i due titoli, se poi si dà ascolto all’impulso che spinge verso la cassa e li si legge, non si può che essere contenti di aver avuto quel brividino.

Gli autori sono poco noti in Italia ed è un vero peccato, avrei molto più interesse a sentire una loro intervista che non l’ennesima a De Carlo, a Faletti o a qualcun altro che il Monopolio Editoriale Italiano ha deciso di pompare. Questi due autori, e ne sto scrivendo come una coppia per motivi che poi spiegherò, hanno talento da vendere. Sanno quando accelerare e quando frenare, sanno scrivere dei dialoghi che cadono sulla pagina come inevitabili e contemporaneamente non sono per nulla scontati e sanno tenere in mano le redini della trama con grande facilità, rendendo la lettura una passeggiata in canoa a favore di corrente. Ma quello che sanno fare meglio è dare profondità prospettica, colore, sapore e odore alle storie che raccontano. Entrambi i romanzi narrano di delinquenza. I due ragazzi che ne sono protagonisti sembrano accettare la loro vita sbandata senza considerare alternative, sembrano "nati" per essere fuorilegge e la possibilità di intraprendere una vita onesta non li sfiora neppure per un momento. Ma ciò che è più interessante è notare come i loro creatori abbiano resi perfettamente credibili i loro personaggi e, attraverso di loro, come abbiano saputo dare a due storie simili due visioni prospettiche completamente diverse. Il protagonista di Buhrmester è un ragazzo talmente sveglio da riuscire a tirarsi fuori da guai che si incastrano uno dentro l’altro come in una matrioska, il protagonista di Vachss sembra svagato, quasi assente, completamente assorto nella sua unica immensa passione: le auto. Questa attenzione/disattenzione permea i testi in profondità, illustrando senza sforzo, ma con grande chiarezza, quanto sia importante “la voce” di un testo.

E’ per questo motivo che la lettura di questi due romanzi, meglio se uno di seguito all’altro, vale molto più di un seminario di scrittura "creativa". Sono convinto che, aldilà dell’immediato piacere che regala la lettura, questi due romanzi dovrebbero essere letti attentamente da tutti quelli che si interessano alla scrittura, siano essi scrittori, aspiranti tali o soltanto coloro che hanno curiosità intellettuale. Non so se alla Fanucci si siano resi conto di ciò che hanno fatto. Probabilmente “organizzare” un seminario di scrittura in due puntate non era nelle loro intenzioni, ma quello che ho avuto da questi due romanzi è stato proprio quello che ho appena scritto: un illuminante e chiarissimo esempio di come la “voce” del narratore influenzi in maniera determinante la qualità di un testo. Non è sicuramente una scoperta geniale, ma poterlo leggere così chiaramente è senz’altro insolito.

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